FELICITA' SUPREMA E FELICITA'

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Ambita da tutti, nessuno escluso, nemmeno da chi produce sofferenza, sintomo di ricerca erronea di Appagamento. La ricerca della Felicità Suprema senza tempo e della felicità nel tempo è la sostanza del percorso spirituale vero. Alcuni La assaporano brevemente, rari la divengono integralmente. La Felicità Suprema è l’Uno Reale, l’Identità Reale: Dio. In Realtà ognUno Sussiste come Felicità Suprema. Non in veste di individuo, ma in quella di Realtà. La felicità temporale è meno che meno di una goccia rispetto all’Oceano di quella Suprema, che Sussiste incomparabile: Dio è Reale, l’individuo irReale. La felicità manifesta può apparire infinita, ma è sempre finita. Nasce e muore nell’individuo, con lui. Quella Nonmanifesta ignora inizio-fine.

Felicità è vuoto mentale totalmente pieno di Amore/Appagamento/Pace: tre modi diversi di definire la consapevolezza in salute, Naturale. La Felicità Suprema è la Beatitudine della Realtà.

Felicità! Sempre uguale a se stessa. La felicità mutevole non è felicità. È afflizione anche quando c’è gioia vera, estasi: primo grado di distorsione della felicità. Felicità è Naturalezza, eppure molti sono aggrappati all’alterazione infelicità. Afflizione: per molti punto di sostegno vitale, per sentirsi vivi pur sopprimendo la vita, per altri stampella morale, pulpito dal quale predicare magari amore per Dio, probabilmente ignari che la sofferenza rende impossibile l’Amare.

Cerchi la felicità?! Allora, perché te la fai sfuggire proprio ora-qui? Non è né futura né passata, non viene e non se ne va. È sempre adesso, estranea alla tripartizione del tempo, pressoché mai gustata nella sua interezza. Come potresti trovarla cercando di raggiungerla domani o più in là?! La felicità è piena consapevolezza dell’Attimo presente e del Sempre Presente (Dio). Futuro e passato sono solamente frutti momentanei del presente che immagina un tempo diverso da sé. Cercandola nel (presunto) dopo ti impedisci di coglierla adesso. Rincorrendola puoi soltanto immaginarla, mai sperimentarla pienamente, esserla integralmente. Pensarla prima è come immaginarla dopo.

La Felicità Suprema è l’Oltre il tempo, la Sorgente Imperitura del perituro: non è stata, non è e non sarà - Sussiste incomprensibile alla logica del presente e del susseguirsi di momenti che rende la sensazione del passare del tempo.

La felicità è sempre uniforme nella propria informità, non ha mai aspetto diverso da se stessa. Colma di sé, sempre vuota di diversità da sé, anche quando popolata da forme oggettuali. La consapevolezza compiutamente felice sperimenta forme vuote accadere in lei integralmente Amore. La felicità non è nelle piccole o grandi cose, è l’assenza di (attaccamento alle) cose. Cercandola nel mondo oggettuale non potrai trovarla, finché non ti fai trovare totalmente da lei, provandola completamente, essendola integralmente. Quando la sei, ti sperimenti come contenitore di tutto ciò che percepisci, pienamente consapevole che (come Dio) sei l’Origine di tutto il manifesto. La felicità è l’essenza della percezione di ognuno. Fa sì che permei completamente il campo esperienziale, sarai la felicità stessa.

Si può cercarla nel cosiddetto mondo esteriore, ma non si può trovarla. Come mai? Semplice: non esiste. La felicità? Ma no, il mondo esteriore. Come potrebbe essere tale, apparendo soltanto nella mente, essendone forma?! La ricerca vera della felicità dissolve l’immaginaria separazione del mondo in interiore-esteriore, donando vita alla consapevolezza unitaria che sa di sperimentare sempre se stessa.

Chi non è felicità può immaginare di essere felice, ma in confronto all’immensità dell’essere felicità è lo stesso triste. L’ “io” (identità immaginata) non può essere Felice. L’emergere della felicità è sinonimo di dissoluzione dell’ “io”. La felicità esclude “io” e la percezione di divisione me-non me. È propria soltanto dell’individuo integrale che sperimenta l’unità, pienamente conscio dell’Uno. La felicità non conosce altri. L’unità regna indiscussa nella felicità, Regno dei Cieli in terra.

La felicità è dell’individuo, è la consapevolezza che si sperimenta integralmente come felicità, ma più che essere la felicità di “qualcuno”, è essere felicità di per sé. Chi è felicità è vuoto di “sé”, non immagina particolarità, permeato com’è dal principio universale della felicità, uno ed eguale per tutti: felicità è pienezza del sé libero da ogni traccia di “sé”. Ogni singolo essere felicità è una diversa postazione percettiva della felicità, che saggia se stessa con eguale qualità in ogni sperimentatore, che facendo emergere la propria autenticità ha dissolto ogni idea riguardo alla propria presunta particolarità.

La felicità è la consapevolezza primaria: nitida percezione di esistere riconosciuta come Amore e limpida conoscenza di essere esente da pensieri, incontaminata sensazione di essere (puro io sono). Trascendendo l’appagamento sensoriale, emotivo e concettuale, ci si avvicina a rilucere interamente dello splendore della pura percezione di essere, a essere integralmente sostanza di ogni esperienza, emozione e conoscenza: Pace, Amore e pura Conoscenza di essere. Consapevolizzazione della percezione è maturazione della capacità di essere felicità, piena fioritura dell’essenza felicità nell’intera regione percettiva. Attaccamento, aspettative, emozioni diverse dall’Amore, elucubrare, immaginare di essere particolare e migliore di altri, scambiare l’irReale con il Reale e il falso per vero, pensare: io sono il corpo, le emozioni, i pensieri, sono nato e morirò… ecco cosa produrre per impedirle di permearti completamente, per impedirti di essere felicità.

Essere felicità è ritiro completo della consapevolezza (di sé) in sé, nel punto minimo in cui risiede il principio dell’io sono (biglietto senza ritorno della tratta esistenza individuale: concepimento-morte). Volgersi a divenire il puntino più piccolo contenente in sé l’universo intero, pur essendo vuoto mentale di per sé: questo è il cammino verso l’essere felicità. La felicità è la sostanza dell’universo: quando la consapevolezza è totalmente felicità, lo è anche il suo universo. Questione di qualità della percezione. Tanta è la potenza dell’enormemente piccolo e la sua influenza sull’apparentemente smisurato.

Essere felicità è il dono più grande da offrire a Dio, il riflesso più fedele dell’Eterno nello specchio del temporale. Nonostante Lui sia pienamente dissimile dalla felicità, oltre ogni paragone, lo spazio vuoto della felicità è lo specchio imperturbabile che meglio riflette Lui, il Senza Immagine.

Essere felicità è compassione infinita, è Amare il prossimo come se stessi conoscendolo non diverso o diviso da sé, senza alcuna presenza altrui. La sofferenza è la malattia base dell’umanità. La felicità è la miglior medicina collettiva.

Pensando alla felicità si può avvicinarla, non raggiungerla. È libertà dai concetti, ogni pensiero è di troppo, per la felicità, come lo è ogni emozione diversa dall’Amore. Non si può essere felicità a parole: l’appagamento concettuale è solamente un minuscolo segmento espressivo della felicità (può una goccia sostituire l’Oceano?!). L’aumento di sapere diverso dall’Amore aumenta l’incompatibilità con lei, che è conoscenza priva di pensieri.

Vuoi essere integralmente felicità? Riempire di sé tutto ciò che non le è d’ostacolo fa parte della sua natura. Svuotati da ciò che non è felicità: legami, identità immaginata, emozioni nocive, pensieri superflui… e spontaneamente emergerà travolgente. Cosa rimarrà poi? Allora non ci sarà poi, soltanto ora-qui, solo felicità. Diventare vuoti di “sé” equivale a riempirsi di felicità. Temi forse la felicità o l’assenza di ciò che non è felicità? La conosci veramente per averne paura? E poi, chi la teme? Non preoccuparti, la scomparsa del pauroso fa parte dello svuotamento di sé dal “sé”.

Svuotarsi del “sé”, divenire felicità, fa parte della ricerca della Reale Identità, ma non è sufficiente. Per seguitare a divenire veramente c’è bisogno dell’Estinzione (temporanea) del sé (nel Sé), la felicità temporale deve restare (momentaneamente) priva di sé, perché scioltasi nell’Atemporale. La Felicità di Dio non è dell’individuo, non è provabile dall’esistenza individuale: l’Esistenza Assoluta non conosce individualità, ne è l’Origine. Allora, dimenticati totalmente di te per far “emergere” l’impercettibile Te Felicità Suprema. Terminata la dimenticanza di sé, ritornata la percezione di sé, saprai che come individuo non potrai mai essere Sommamente Felice, perché lo sei già come Dio. Serbare ricordo (anche se felice) di sé è sempre sofferenza rispetto alla Felicità Suprema del Sé. La felicità temporale è la tua vera natura percettiva. Quella Atemporale è la Tua Natura Reale, la Reale Identità. Non di te individuo. Di Te Unica Realtà. La felicità è la soglia della Felicità Suprema. Sii felicità e smarrisciti in Quella Suprema: risorgendo dalla completa morte temporanea della percezione, rinascerai più immune al morbo dell’infelicità e portatore ancora più contaminante di felicità.

FONTE:http://www.andreapangos.it/felicita_essere_felici/felicita_spirituale.html

La lezione della farfalla

http://www.italiamerica.org/Farfalla%20bianca%5B1%5D..JPG

La crisalide

Un giorno, apparve un piccolo buco in una crisalide. Un uomo, che passava di lì per caso, si fermò ad osservare la farfalla che, per varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco.

Dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.

Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo. La farfalla uscì immediatamente. Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.

L’uomo continuò ad osservare, perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.

Non successe nulla! E la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate. Non fu mai capace di volare.

Ciò che quell'uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l'intenzione di aiutare non capiva, era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinchè la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare. Era il modo in cui Dio la faceva crescere e sviluppare.


La farfalla

A volte, lo sforzo é esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
« Chiesi la forza... e Dio mi ha dato le difficoltà per farmi forte. Chiesi la Sapienza... e Dio mi ha dato problemi da risolvere. Chiesi l’amore... e Dio mi ha dato persone con problemi da poter aiutare. Non ho ricevuto niente di quello che chiesi... Però ho ricevuto tutto quello di cui avevo bisogno. »

"Vivi la vita senza paura, affronta tutti gli ostacoli e dimostra che puoi superarli"

Fonte:meditare.net