Consapevolezza (Parte 2)



Identità

Mi sembra, quindi, evidente come la consapevolezza non sia un punto fermo, un obbiettivo, una meta, bensì un viaggio ininterrotto verso se stessi. Ma chi siamo davvero? Ecco, la nostra vera identità non è l'insieme degli atti compiuti nel passato, ovvero i condizionamenti subiti, ecc. Qualunque identità è solo un'interfaccia tra ciò che siamo realmente – qual'é il fine della meditazione se non realizzare la propria vera natura? – e un'interminabile serie di apparenze.

Dicevo prima, la consapevolezza è una freccia a due punte. Da una parte ci aiuta nell'efficienza, cioè nella vita pratica, dall'altra e in maniera molto sottile ci sospinge verso noi stessi. Non serve liberarsi dalle identità, sarebbe solo un gioco interminabile. Le identità sono fittizie e cadranno da sole allorquando riusciremo ad avvicinarci anche alla nostra interiorità e quindi a tendere verso la completezza. Quel riflusso di sogno che straripando distorce perfino le constatazioni più semplici svanirà gradualmente.

La consapevolezza non è un dato di fatto, ma un processo e per giunta discontinuo. Non esiste un punto d'arrivo, ma solo il fluire, non esiste la corsa, ma semplicemente il correre, e non c'è nemmeno la meditazione, ma solo il meditare. Il segreto? Qui e ora passato, presente e futuro si dispiegano all'unisono. Qui e ora finanche la coscienza perde le sue caratteristiche più abituali e diventa simile ad un flusso di energia.

Felicità

Compiuta consapevolezza è già, di per sé, piena felicità. Anzi, l'unico modo per essere prevalentemente e spontaneamente gioiosi è adoperarsi consapevolmente ...

Mi chiedo, se nel vasto mondo di cui abbiamo oramai, seppur in modo alquanto indiretto, ampie e puntuali conoscenze, come nel proprio minuscolo cantuccio esistenziale, c'è così tanta sofferenza, perché adoperarsi per divenirne consapevoli? Non sarebbe meglio ricercar prontamente e con maggior dedizione, una qualche forma di oculata felicità?

Il problema è che se cerchi la felicità, o meglio la gioia, essa ti sfugge perché l'atto stesso di ricercarla ti decentra da te stesso spostandoti all'esterno verso il piacere effimero e contingente che inebria, ma è temporaneo, transuente.

Consapevolezza di te stesso, si, delle tue azioni, di ciò che sei e non sei, di quanto hai realizzato o desideri ottenere. Gioco, un gioco che rilassa, non t'impegna per vincere, ma partecipare e ti dona un'energia che scaturisce dalla tua interiorità più profonda. Dapprima ne intravedi pallidi bagliori, poi la percepisci a tratti ed infine la vivi come se tu stesso fossi quella gioia. Ed è questo l'ultimo ostacolo. Quando ci sei tu non c'è la gioia, quando c'è la gioia tu, cioè il tuo ego, non ci sei.

Gioia è iniziare a condividere. Aiutare gli altri senza attendersi alcunché in cambio. Gioia è pregare o meditare per ringraziare. E se non v'è apparentemente nulla per cui ringraziare allora gioia è anche il solo respirare. ....

Moralità

Consapevolezza è agire di conseguenza. Altrimenti sarebbe solo come se fossimo belli, ma parecchio bisunti, si svegli, ma oltremodo ubriachi ...

Chi è davvero consapevole non può arrecar volutamente danno. Se lo fa, oppure ha bisogno di regole, significa che è addormentato. Il vero distinguo, la vera bussola morale dei cosiddetti valori spirituali dovrebbe essere la consapevolezza.

Se sono consapevole non faccio guerre e se qualcuno minaccia davvero la collettività in cui vivo allora non ci penso su due volte e reagisco senza teorizzare o giustificarmi di nulla. Se adduco eccessive ragioni sto solo subdolando un misfatto.

Se sono consapevole riconosco la menzogna di primo acchito, anche se proclamata da qualche pulpito.

Se sono consapevole non riesco a rubare, a mentire, ecc., perché in tal caso saprei benissimo che ruberei o mentirei a me stesso.

Tuttavia è difficile, se non impossibile, che le autorità religiose istituzionali dicano espressamente alla gente di svegliarsi, prestare attenzione, sforzarsi di essere consapevoli. Perché se la gente si svegliasse davvero non valuterebbe più solo secondo i propri tornaconti, ma saprebbe che se tu, amico mio carissimo, soffri, allora soffro anch'io; se non hai lavoro, non ce l'ho nemmeno io; se non hai una casa allora anch'io ne sono privo, non v'è nulla che possa ripararmi davvero; se non hai da mangiare sarò sempre interiormente affamato e non ci sarà mai e poi mai nulla che riuscirà a soddisfarmi sul serio.

Allora ricercherò delle regole che riescano a compensare questa terribile carenza. Per supplire alla mia mancanza di compassione. Queste regole le chiamerò strumenti etici, dispositivi morali, i quali serviranno solo a coprire l'immensa e comodissima ipocrisia in cui mi piace vivere.

Non so se mi spiego, consapevolezza! Naturalmente tieni ben presente che la libertà promossa dalla consapevolezza richiede sempre maggior responsabilità.


Epilogo

Chi siamo, consapevolezza senza limiti? Confinati temporaneamente in quest'aggregato impermanente. Oppure il sogno di un dio giocherellone? Ma perché tanti dubbi? La realtà non è sufficiente? La realtà è così spirituale che il mio unico dubbio riguarda la materia, la materia in quanto tale.

Il vascello è pronto. Ci sono persone meravigliose disposte ad ascoltarti. Il biglietto ha un solo prezzo. Osserva, leggi, ma infine segui, soprattutto, la consapevolezza. La medesima che dapprincipio ritenevi esser tua, ma che alla fin fine si rivela come la consapevolezza del cosmo intero ... la consapevolezza è la suprema sorgente.

Fonte: http://www.meditare.it/contents/consapevolezza.htm

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