Grazia Brocchi, "Nuances de mariage"
Essere assorbiti dai colori di un’opera. Come a contemplare una calca di fiori che sbocciano in un’aiuola, o i riflessi cangianti e l’ondeggiare di una stoffa ricamata. Accorgersi di amarla, e rimanere sorpresi nello scoprire che, in realtà, non ha nulla di prezioso o irraggiungibile, come invece potrebbe essere un collier tempestato di rubini. È questa magia di una bellezza che si concede a chiunque, senza ritrosia, che rende maggiormente autentica un’opera d’arte. E se, per giunta, quest’opera, rappresenta un sentimento, tanto prezioso sarà questo sentimento quanto più sarà simile, nella sua natura, all’opera d’arte fatta di materie semplici. L’amore, non è forse qualcosa da cui si viene assorbiti, che suscita meraviglia, coinvolgimento e stupore, pur essendo potenzialmente alla portata di tutti?
L’immaginario artistico di Grazia Brocchi è già stato toccato dalla tematica universale del sentimento d’amore: lo abbiamo visto, ad esempio, con la collezione “Squarciando il Velo”; dove, tuttavia, l’amore era protagonista nella sua connotazione astratta, intimistica, quasi spirituale. Con la nuova collezione “Nuances de Mariage”, invece, esso viene rappresentato come qualcosa che prende forma e vita nel quotidiano, nella realtà storica di ogni essere umano. Il “Mariage”, matrimonio, del titolo, non è il rito religioso o l’unione civile cui con questo nome ci si riferisce, bensì il mistero naturale dell’intreccio di esistenze che sfocia nei più diversi legami d’amore. Un concetto quindi molto più vago e meno “burocratico”, che, come l’acqua o qualsiasi sostanza liquida, assume la forma che si vorrà dargli; laddove quel “si vorrà” dovrebbe riferirsi alla precisa scelta dei singoli individui, che possono intendere e vivere l’amore come meglio crederanno. E se “amore”, in fin dei conti, è solo una parola, ecco che l’opera d’arte (che per sua natura scarta il linguaggio verbale) si concentrerà sulla volontà di rappresentare la realtà delle interazioni che questa parola vorrebbe significare. Ecco allora l’importanza delle “Nuances”, le sfumature cui il titolo della collezione allude: ovvero, le mille sfumature che l’amore assume a seconda di come si scelga di incarnarne il mistero.
Le opere della collezione “Nuances de Mariage”, nascono dal fecondo incontro di diversi materiali, come detto quasi tutte materie povere, ma dall’immediato potere estetico. Né sculture, né quadri, le diciotto realizzazioni si potrebbero forse definire “oggetti d’arte”. Fatta eccezione per quattro opere, realizzate come collage su tela o su cassette da frutta, gli oggetti della collezione sono realizzati su supporti lignei parallelepipedi bianchi, alcuni singoli, altri assemblati a due, tre o più. Interessante la simbologia assunta da questi parallelepipedi nell’idea dell’autrice: innanzitutto, l’aspetto cubico indicherebbe quella già accennata “concretezza” del rapporto amoroso intorno al quale ruota la collezione. La colla che tiene insieme i parallelepipedi, rappresenta dunque il “legame” sentimentale. L’accostamento squilibrato dei “lingotti”, indica la natura paradossale dell’amore, il quale cerca di instaurare una stabilità fra componenti instabili e in costante mutazione (gli amanti), con i loro diversi vissuti, caratteri, con gli alti e bassi del loro rapporto, la mutevolezza degli stati d’animo (rappresentata anche, nell’opera “Emozioni”, dall’utilizzo di molle metalliche). Il tutto condito dalla consapevolezza che, appunto, si tratterà al massimo di “momenti” di stabilità illusori, “scenette” estrapolate da una lunga parabola di avvicendamenti sentimentali dai risvolti imprevedibili. La stessa promessa di amore “finchè morte non ci separi” alla base del matrimonio cristiano, implicherebbe la capacità di un essere umano di conoscere sé stesso a tal punto di poter giurare sul proprio futuro (capacità negata, ironia della sorte, dagli stessi Vangeli, laddove questi ricordano agli uomini: “Del tutto non giurate, né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurar neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi fare un solo capello bianco o nero. Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no” Luca 6, 34-37). La verità, forse, è che nessuno può fare una simile promessa.
Anche perché, e ripeto il forse, non è l’amore ad essere nelle mani dell’uomo, ma l’uomo nelle mani dell’amore. L’uomo, creatura fragile, nella quale, tuttavia, possono albergare sentimenti alti come pilastri del cosmo.
Ecco quindi queste diciotto opere diventare scene rubate di istanti in cui questo amore padrone degli esseri trova posto nelle dimensioni dello spazio e del tempo diventando rapporto fra persone. Persone simili o diverse, di ogni provenienza o età. Nelle composizioni di vetri colorati, perline, stoffe ed altri oggetti decorativi utilizzati da Grazia Brocchi, potremo allora scorgere (osservando con attenzione), incontri di personaggi stilizzati ma in certi casi abbastanza riconoscibili per ciò che vorrebbero rappresentare (ad esempio, la ragazza bionda che abbraccia l’uomo di colore, nell’opera “Incontro”).
Il cristallizzarsi, il fluire, il danzare dei colori, nel comporre delicate armonie artistiche, si potrà associare al costruirsi dei sentimenti d’attrazione, della tenerezza o, talvolta, di distacco, attesa, nostalgia, e magari, infine, di ricongiungimento. Lo vediamo anche nei titoli, come “Appartenersi”, “Aspettandoti”, o “Ritrovarsi”. In ogni particolare, in ogni dettaglio, le opere di questa collezione insistono nel suggerire, al di là della facciata vivace e variegata, una condizione di profonda fragilità, come si trattasse di castelli di carte che potrebbero crollare con un soffio. Molti dei materiali (penso a certe stoffe leggere come veli, a carta e cartoncini, a fili e filamenti metallici, agli stessi frammenti di vetro, fino alla carta igienica usata nell’opera “Sarà la primavera”), potrebbero facilmente macchiarsi, stropicciarsi, rovinarsi, se non venissero trattati con la cura che si deve a ciò che è delicato: non vale forse lo stesso per i rapporti umani? Eppure, ognuno di noi ha la possibilità, se vuole, di rendere solidi e longevi questi meravigliosi castelli di carte, fin troppo spesso distrutti da semplici debolezze o disattenzioni.
Le opere della collezione "Nuances de mariage" saranno esposte dal 3 giugno al 14 luglio 2010 all'Hotel Ristorante "I Grappoli" di Sessa (Svizzera).
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