“Tu crei la tua realtà”. Questa breve e rivoluzionaria frase, attribuita al fisico quantistico Fred Alan Wolf, negli anni settanta, fu bandiera di ogni sorta di culto e metodo new age per tutto il ventennio seguente. Poi, dato il ritardo delle mestruazioni acquariane, i new agers, ritiratisi sempre più nel movimento next age, smisero di esultare quando si trovarono di fronte al terrore di una gravidanza inattesa, che prontamente avvenne: l’11 settembre 2001. Eccovela la nuova era: la solita miseria umana.
Ma se l’uomo crea la sua vita, perché questa fa schifo?
Dalla caduta delle torri gemelle in poi, guarda caso - come mi diverto spesso a sottolineare, perfino i maestri di rei-ki scrivono sui volantini: “noi non abbiamo niente a che vedere col new age”. Alla “nuova era“, era di armonia, benessere pace e amore… non ci crede più nessuno. E così sia. Tuttavia, buttare il bambino con l’acqua sporca è qualcosa che mi dà sempre i brividi…
“Tu crei la tua realtà”
Sì, ma fino a che punto?
Se bevi cinque litri di birra in una sera è chiaro che crei la tua realtà di ubriaco.
Se mangi più calorie di quelle che consumi è chiaro che crei la tua realtà fisica sovrappeso.
Poi?
La psicologia? OK, se l’atteggiamento è positivo verso la vita attiri situazioni più positive, così dicono, tuttavia la stessa psicologia umanista insegna che non si può neanche reprimere tutto, ma è opportuno esprimersi, sfogarsi, fare catarsi, esprimere la propria negatività.
E allora? Che confusione…
Bene iniziamo da qui, dalla confusione. Nella confusione (chi scrive è un’autorità a livello mondiale sull’argomento), dopo un’iniziale paralisi, si è soliti ricercare immediatamente indizi e dettagli presumibilmente attendibili che giustifichino lo stato in cui ci si trova. Ci si aggrappa a ciò e spesso questo porta a conclusioni affrettate.
Ecco che, accettando incondizionatamente la confusione e tributandole un certo rispetto, un professionista della confusione non solo riesce a darle forma, modellandola con le sue conclusioni affrettate, ma le porta così all’estremo da generare ulteriore confusione e nuove paralisi, in cui ricercare nuovi indizi e creare nuove forme, così da ottenere una confusione esponenziale. Cosmica.
Bene, se il professionista della confusione sopravvive a probabili aggressioni del partner, licenziamenti o ad altre catastrofi, il risultato sarà una paralisi totale, mistica, un’assenza di qualsiasi punto di riferimento, uno stato non ordinario dell’essere in cui soggetto e oggetto scompaiono.
Non a caso i koan zen, gli shock gurdjieffiani e certe pratiche inebrianti tantriche usano la confusione sensoriale, emotiva e mentale per raggiungere questo stato (è una via pericolosa, niente da ridire in proposito; ma “ciò che conta costa sempre un po’ di più” diceva il poeta).
Bene, che ce ne facciamo di essere giunti a ciò?
E’ da qui, e solo da qui, che si comprende ciò che prima sembrava un semplice aforisma: “Tu crei la tua realtà”.
Ma tu chi? Chi crea che cosa? E se due persone creano due realtà diverse e interagiscono?
Calma… anzi… karma…
Innanzitutto bisognerebbe deipnotizzarsi dall’idea di essere un (1) io.
Chi ha familiarità con qualche testo che tratta di esoterismo o anche di studi religiosi comparati avrà sicuramente presente l’immagine di un quadrato sul cui lato superiore è appoggiata la base di un triangolo. Il quadrato rappresenta i primi quattro livelli di coscienza dell’essere: fisico, emotivo, mentale (inteso come somma di automatismi) e Mentale (nel senso alto del termine). Il triangolo rappresenta invece i tre stati più sottili o spirituali dell’essere: il quinto, sesto e settimo chakra, nella tradizione hindù, o se preferite lo spirito, lo spirituale… la coscienza. Non perdiamoci nelle parole, prendiamo solo nota di due aspetti fondamentali dell’essere, così rappresentato: uno più legato alle contingenze, alla materia e quindi, per forza di cose, identificato col corpo e in ultima analisi egocentrico; ed uno che, a seconda della vostra cultura o sensibilità, potete chiamare come volete: Se, vero Sé, Divino, Essenza, Atman, Coscienza pura… ecc..
Un personaggio molto dolce, e a quanto si dice molto saggio (Ramana Maharshi), invitava i suoi discepoli a porsi questa domanda: “Chi sei tu?”. Negli anni a seguire un certo Charles Berner creò da questa domanda dei veri e propri seminari, detti “intensivi di illuminazione“, che i sannyasin di Osho ribatezzarono “satori“. Durante questi gruppi le persone passano giorni interi a farsi questa semplice domanda e a rispondersi quasi ininterrottamente. Inutile aggiungere che si tratta di una sorta di koan e che, come tutti i koan, lascia alla fine confusi, spiazzati e quindi in uno stato in cui “Il quadrato”, ovvero “il piccolo io”, si perde o, se si preferisce, si espande nel “triangolo”… insomma la frammentazione del sé viene cancellata. Non c’è bisogno di frequentare un intensivo di illuminazione, per quanto, ben inteso, io lo consiglio a chi non ne abbia fatto esperienza, per raggiungere questo stato; basta vivere fino in fondo la propria quotidianità e la propria “idiozia”, senza limiti di tempo, accettando tutto quello che può accadere, compreso il fatto che è inaccettabile, compresi i pianti, le disperazioni, le coliche, la persona amata che prende l’immagine che hai di te e la butta nella spazzatura… tutto!
In questa confusione e nella sua paralisi ecco che ti si rivela il gran segreto:
IL TUO ESSERE FRAMMENTATO STA CERCANDO L’INTEGRITA’ (a prescindere da quanto il tuo “quadrato” ritiene di essere integro) e per raggiungerla crea esperienze che potrebbero essere non proprio in testa alla classifica dei tuoi desideri egoici.
Ecco la risposta all’originale e sagace cretino che a Fred Alan Wolf chiederebbe: “Se ognuno crea la sua realtà, perché non tutti sono miliardari?“.
Approfondiamo questo postulato degli esseri frammentati: il corpo vuole una cosa, ma le emozioni desidererebbero altro, mentre i pensieri si sono formati su altri bisogni ancora (cfr. “La carrozza di Gurdjieff” in Fabrizio Ponzetta “La lotta dei maghi”, ebook 2007) e tuttavia pretendiamo di agire coerentemente come fossimo UNO. Mi sembra ovvio che il potere creativo è una lotta intestina.
Un esempio meno generico: la mente è formata su status symbol o valori comunemente accettati, come la ricchezza o il benessere economico, e li insegue. Tuttavia le emozioni di un individuo possono essere modellate su schemi che rifiutano il denaro (l’eroe romantico che non ha successo, le idee ereditate da una famiglia che a stento aveva di che nutrirsi, il disprezzo religioso o ideologico per il denaro) e tutto questo mentre il corpo brama solo di scaricare la sua sessualità, eco di un antico istinto di riproduzione. In tutto ciò, io non vedo una persona che crea la propria realtà: vedo tre somari legati insieme che vanno in tre direzioni opposte.
Se per qualche si voglia ragione colui che è deputato a guidare i tre somari si sveglia (e il risveglio potrebbe essere dettato dalla confusione della situazione), ecco che si risveglia “Il triangolo”. A questo punto non si è più vittime. Non è più colpa del sistema, degli altri o del partner, perché col “triangolo” (scusate, ma mi piace chiamarlo così, per non infognarmi nelle parole abusate in tal senso) si riscopre la magia, il potere creativo, l’essere responsabili della propria vita.
Così il problema non è tanto com’è possibile che io possa creare la mia vita, ma piuttosto: “Come è possibile che non mi sia accorto finora di essere il creatore responsabile della mia vita? Che quegli atteggiamenti, quell’indulgere in determinate emozioni e in quei pensieri non hanno fatto altro che creare quelle situazioni che hanno dato vita a quei fatti di cui la vita che vivo in questo momento è conseguenza?”.
Lascio ai lettori di Re Nudo il piacere di documentarsi sui vari esperimenti condotti in ambiti anche scientifici a riguardo di come atteggiamenti o altre risorse in loro potere possano influenzare la realtà.
Il più bello, il più poetico che qui vorrei ricordare è quello del dottor Masaru Emoto, scienziato e ricercatore giapponese, che ha messo a punto una tecnica per esaminare al microscopio e fotografare i cristalli che si formano durante il congelamento di diversi tipi d’acqua. Emoto ha differenziato le acque esponendole a parole scritte, musica di Mozart, discorsi di Hitler, scritte di minacce o d’amore. Ha fotografato i diversi tipi di acque così “trattate”, registrando risultati sorprendenti: i cristalli mutano radicalmente di struttura a seconda dei messaggi a cui sono esposti. Ad esempio constatava forme armoniose per la parola amore e per la musica di Mozart; strutture caotiche nelle acque sottoposte ad insulti e minacce. Il pensiero, l’atteggiamento cosciente ha mutato le forme dell’acqua… il nostro corpo dalla nascita alla vecchiaia è composto d’acqua per il 60-90%…
Ora, fino a dove può arrivare l’affermazione che TU CREI LA TUA REALTÀ?
Fino a dove vuoi, credo!
Di Fabrizio Ponzetta [http://www.fabrizioponzetta.it]
Fonte: l’articolo è uscito sull’ultimo numero della rivista Re Nudo http://www.renudo.it
Fonte:LAMENTEMENTE.COM